domenica 19 maggio 2013

Dolcenera: “Le mie canzoni sono come figli”.

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Dolcenera: “Le mie canzoni sono come figli”. Intervista esclusiva

Dolcenera al Festival durante la prima serata (foto)
La ciocca verde, a destra del suo taglio spettinato corvino, Emanuela Trane, ovvero Dolcenera, l’ha fatta senza un motivo preciso («potrebbe essere anche blu…»). Dopo Sanremo, dove gareggia con Ci vediamo a casa, ha un tour teatrale che inizia a fine marzo: «Il teatro è fichissimo, c’è l’emozione che gioca sul filo di un respiro, te la giochi emotivamente e poi che soddisfazione, nell’ultima mezz’ora di spettacolo, vedere gli spettatori che non riescono più a star seduti e vengono sotto al palco…».

L’Ariston non è un teatro come tutti gli altri. Quali sono i punti di forza della tua canzone sanremese?
«Canto la speranza, il desiderio forte, nonostante tutto, di realizzare il proprio amore, con una casa, un nido, un posto dove sentirti al sicuro, al riparo da tutto. Ma come tutti i sogni per arrivarci devi fare cose difficili, fare sacrifici. Per esempio un mutuo».

«HO CHIESTO UN MUTUO, ECCO COM’È ANDATA» – Lei l’ha fatto il mutuo?
«Sì, ed è stato davvero un incontro tra due mondi. Sono entrata in banca e ho imparato cosa vuol dire fare un mutuo. Mi sono accorta di dover spiegare il mio lavoro, dire che ci sono periodi di tournee e periodi in cui non faccio concerti perché scrivo, e che i guadagni quindi sono altalenanti».

Lei è una precaria!
«No, una libera professionista… E le banche in questo momento cercano certezze e nel mio lavoro non ne trovano, e neanche nei precari».
Le cose belle, ha detto, son difficili. Qual è stata la cosa bella più difficile per lei?
«Vivere la mia vita non è facile. A volte vorresti startene un po’ più nel tuo mondo, senza avere una faccia pubblica. Ma la parte più bella e difficile per me è la scrittura delle canzoni, un’autoanalisi continua che dura da 15 anni. È la parte più inquieta, senti che hai lì quello che vuoi esprimere e fatichi a tirarla fuori. Il tutto in profonda solitudine perché la scrittura non puoi condividerla».

«HO IMPARATO A NON AVERE REGOLE» – In questi 15 anni di autoanalisi cos’ha imparato di lei?
«A non avere regole, a non seguire cliché, che ingabbiano la creatività e ti imprigionano in una forma definita. E poi ho imparato a confrontarmi con i grandi della musica. Devi avere le palle di soffrire ogni volta che ti paragoni a David Bowie, non è facile, perché tu la voglia di grandezza che c’è in Heroes ce l’hai… Però è uno stimolo per far sì che un sentimento piccolo che provi diventi universale».

Lei però ha un’aria molto aggressiva…
«No, è un’impressione, non lo sono affatto. Sto sulle mie, non mi impiccio, non spettegolo. Sono una tranquilla. Con gli amici sono mamma».

«VOGLIO UN FIGLIO DOPO SANREMO. NON QUESTO SANREMO, EH!» – Abbiamo letto che dopo Sanremo vuol fare un figlio. È vero?
«Dopo quale Sanremo? Mica questo! Però un figlio ci sarà. I miei amici mi han fatto venire voglia, magari di un maschietto, così ha la vita più semplice».

Cosa rende complicata la vita di una donna?
«Tutto! Una donna non può permettersi di piagnucolare, di lagnarsi. E io a casa piagnucolo tanto. Fuori no. Perché una donna che piange è debole, un uomo che lo fa è sensibile. Anche nel mio lavoro per una donna non è facile».

Questo però è un Festival pieno di giovani donne…
«Un’isola felice nel panorama della discografia mondiale».

Convive da 15 anni. Si sposa?
«Io lo avrei già fatto, ma per motivi burocratici. Ma lui non vuole, però vuole un figlio. Però se fai un figlio i problemi burocratici aumentano quindi magari poi bisogna sposarsi».

«LE MIE CANZONI SONO COME FIGLI» – Quanti anni si dà per fare un figlio?
«Il problema delle donne che cantano è che la musica ti fa sentire sempre giovane, non ti poni la questione dell’orologio biologico e rimandi all’infinito. E poi le canzoni sono veri e propri figli quando hanno equilibrio e magia».

Quanti “figli” in note ha?
«Non li ho contati… vediamo… Cinque, sei… Le canzoni che hanno il vestito più bello, più talentuoso».

È competitiva?
«Quando sono immersa in una gara mi scatta la competizione con me stessa, mi dico “vediamo se hai le palle”, non con gli altri. Io sento che ho dentro cose che solo io posso farle uscire fuori. Non sento invidia o senso di competizione con gli altri. Anche perché a Sanremo competono sedie e scale, cose diversissime tra loro».

Traumi da palco?
«Una volta mentre cantavo s’è staccato il filo del microfono. Da allora per due anni suonavo tenendo il microfono e reggendo il cavo».

E tra vent’anni come si vede?
«Avrò 54 anni… Sì, dietro le quinte, a fare la produttrice. Mi piacerebbe stare in sala di registrazione a curare il sound. Mi piacerebbe fare arrangiamenti, scrivere».

(marianna aprile)
Aggiornato al 15 febbraio 2012

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    • charliebis44 scritto il: 16.2.2012 alle 00:05
      Sei uno ” SCHIANTO” anche quando rilasci un’intervista! Brava, complimenti! Ho sentito oggi più volte la tua canzone ed è sempre più bella e poi anche i due brani inediti sono una “bomba”!!!
      Sto aspettando di vederti fra poco sul palco di Sanremo. Metticela tutta, con tutta la tua grinta!!!

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