domenica 19 maggio 2013

Cohen



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Ambiente, inquinamento, energia e bio architettura
 
a cura di Roberto Gatti
 
Leonard Cohen "Ten new song"
Non ha bisogno di clamori per rientrare alla musica, seppure dopo un silenzio di otto anni. Leonard Cohen, il padre di 'Suzanne', ha oggi 67 anni, la voce integra e profonda come si è abituati ad ascoltare. Parla lentamente,  misura le
parole, mentre snocciola tra le dita un braccialetto buddista e abbraccia con lo sguardo lo spazio intorno. 
"Ten new songs" nasce dopo un periodo lontano dai rumori. Per comporre è meglio scappare dal silenzio o tornarci?
<Entrambe le cose, in realtà. E' una questione di odi et amo. In più sono fatto così: ho sempre bisogno di molto tempo, prima di terminare una canzone... la riguardo continuamente, voglio perfezionarla...del resto non si finisce mai la propria creazione, a un certo punto si decide di abbandonarla. I poeti inglesi ci insegnano: la poesia è emozione che 'si ricompone' in una condizione di tranquillità.
Il suo ritmo sembra seguire altri orologi, diversi da quelli di tutti...
Posso dire di essere felice e rilassato. Vivo a Los Angeles in una villetta bifamiliare, vicino ai miei figli. Il mio studio di registrazione è dall'altra parte del giardino; per arrivarci, attraverso un sentiero costeggiato da fiori e piante di pompelmo. Vado presto il mattino e non disturbo nessuno, è tutto insonorizzato...mi sento come un soldato della Legione straniera. Certo, la meditazione di questi anni al monastero zen di Mountbaldly, sulle colline di Los Angeles, è stato necessaria per raggiungere nuovi equilibri. E' stato un rigore che mi sono imposto ma di cui avevo bisogno. Oggi ho la percezione che non esiste la vita in orizzontale ma in verticale, e così si coglie il senso del tempo.
L'idea di 'Ten new songs' è nata dunque in monastero...
Ho composto lontano dal chiasso della megalopoli, ma molte idee sono state sviluppate a casa mia, insieme a Sharon Robinson. E' stato un lavoro che ha riordinato, per così dire, emozioni, storie, persone, energie, ma in un momento di totale relax.
C'è l'anima del roshi dietro a ogni nuova canzone?
Con il mio roshi ho stretto un legame di vera amicizia, che dura ormai da trent'anni. Io ho 67 anni, lui 94, siamo una bella coppia, abbiamo molto di cui parlare. Ma è tutto qui. Il rapporto con lui è quello di una amicizia sincera, non c'è prevaricazione di sorta tra noi, non sarebbe resistito un rapporto amicale se ci fossero state regole. Probabilmente sono stato colpito dal suo forte carisma.
Ogni parola, in un dialogo così come in una sua canzone, ha un peso differente e unico. E' frutto della sua educazione ebraica, della tradizione yiddish dei cantastorie?
In parte credo che dipenda dall'educazione che ho ricevuto. Mia madre aveva una bellissima voce, mi ha sempre raccontato storie yiddish, le cantava in ebraico, in russo, e in tutte queste ha avuto molta importanza il linguaggio. Inoltre non ho mai amato le canzoni in cui non si scandiscono bene le parole, inevitabilmente non si comprende il significato.
La sua famiglia vanta la discendenza in linea diretta dal sacerdote Aronne. Ha sentito mai su di sé la responsabilità di appartenere al 'popolo eletto'?
E' difficile dirlo. Molti ebrei pensano e sanno di essere nati in un 'universo morale', di prendere decisioni 'morali', e probabilmente ne ho subito anch'io l'influenza. Sul fatto di essere scelti... dipende dal perché si è stati scelti: perché una intera nazione ha accettato una relazione stretta con Dio, per ragioni di eccellenza, o per qualche virtù particolare? Probabilmente siamo stati scelti per eliminazione, per un qualche meccanismo automatico.... Ogni popolo sente un proprio senso del destino: i giapponesi pensano di discendere dal sole, i francesi provano un forte orgoglio nazionale, i tedeschi credono di avere su di sé un destino speciale.....
Molte parole o luoghi sono ricorrenti nelle liriche, come Boogie street, che oltre a essere il titolo di una traccia è anche citata in 'A thousand kisses deep'. C'è una sorta di ciclo cui vuole affidare la vita?
Ogni disco è un insieme di storie, e molte di queste si intersecano. A me capita spesso, anche quando viaggio, di pensare a molti episodi della mia vita vedendo luoghi o leggendo parole. In quanto a 'Boogie street': è una strada di Singapore, di giorno è un bazar, piena di negozi, di notte è luogo di incontri a luci rosse. Un modo per dire che la vita è fatta di opposti, ma che non si può avere l'assoluto..
Non è possibile dunque vivere in 'The land of plenty'?
No, perché, come dico nel testo, non si può vivere in paradiso, averlo tutto, restarci, perché può essere un'illusione che sparisce. Non ci sono né ristoranti né toilettes o night club. Ma si può visitarlo, il paradiso.
Quale è la storia di 'Alexandra living'?
Tutto è nato dalla traduzione di un poeta greco vissuto ad Alessandria d'Egitto, Kavafj. Dal piacere nell'ammirare una città, dove si è consumata anche la vicenda di Antonio e Cleopatra, si arriva alla incarnazione di una donna, che ho voluto chiamare Alessandra. Una donna che si incontra in un salotto e che apre mille altre finestre della memoria.
Qual è il valore universale dell'esperienza?
Ho imparato, scrivendo canzoni, che più si è intimisti, più si parla di temi personali e più si diventa universali. E i sentimenti di una persona diventano quelli di tutti.
Francesca Mineo
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