giovedì 8 dicembre 2022

Steve Ray Vaughan, suonare il blues



Autodidatta, già da bambino a 7 anni suonava (come ogni buon chitarrista) mettendo in loop il giradischi con Lonnie Mack, Albert King, Wes Montgomery o Jimi Hendrix. Era il 1982 quando Mick Jagger vide l’esibizione dell’allora giovanissimo chitarrista texano di Austin con la sua band ‘Double Trouble’. Colpito dal suo talento, Jagger fece di tutto per portarlo al Montreux Jazz Festival, ma purtroppo la performance fu un flop. Seppur proficuo: David Bowie, che in quel momento collaborava con Nile Rodgers degli Chic, lo chiamò per registrare le chitarre nell’album ‘Let’s Dance’. Al momento del tour internazionale però Vaughan lo abbandonò per dedicarsi al suo blues. La vita artistica del musicista è stata un po’ travagliata, così come la vita privata. Alcol e droghe lo segnarono, come la storia d’amore con sua moglie Lenny alla quale dedicò anche una canzone.

I suoni che uscivano dai suoi amplificatori – generalmente Fender – erano belli tosti. Le Stratocaster, specialmente quella del 1962 con la scritta SRV, ha permesso alla Fender nel 1992 di iniziare una produzione in serie di una custom shop dedicata a lui. I suoi amici di una vita: Stevie Wonder, Jackson Browne, Bonnie Raitt ma anche Eric Clapton, Robert Cray e il fratello Jimmie gli sono sempre stati vicini sia sul palco, quando le session scaldavano i cuori delle persone, sia fuori. Il 27 agosto del 1990 l’elicottero di Eric Clapton che riportava a casa Stevie Ray dopo una delle session in un concerto dello stesso Clapton, precipitò schiantandosi sulle colline del Wisconsin uccidendo sul colpo tutti gli occupanti.

Una versione di Amazing Grace cantata da Bonnie Raitt, Jackson Browne e Stevie Wonder alla cerimonia funebre divenne storia, come la statua che la città di Austin ha dedicato al grande Vaughan.


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